Come il periodo di prova può salvare un’assunzione disastrosa
Capita spesso che le aspettative di un’azienda verso un nuovo dipendente non vengano rispettate e viceversa. La necessità, riconosciuta dalla legge, di un periodo di prova che permetta una valutazione reciproca più accurata fa sì che le strade possano separarsi senza particolari difficoltà.
I rimedi per un’assunzione sbagliata
Con il cosiddetto periodo di prova o patto di prova, le aziende e i lavoratori si tutelano dalle conseguenze di un’assunzione sbagliata. Non sempre, infatti, è sufficiente il colloquio di assunzione per stabilire le reali capacità di un candidato a una posizione che si è aperta; d’altro canto, per il lavoratore il contesto lavorativo può risultare sgradito.
Per questo, con il periodo di prova si stabilisce un periodo – fino a 3 mesi per gli impiegati senza funzioni direttive, altrimenti fino a 6 mesi – dove il licenziamento e le dimissioni sono libere, con un preavviso minimo, o senza obbligo di preavviso e necessità di giustificazione.
Il diritto di recesso nel periodo di prova
Naturalmente non per tutti i casi di un’assunzione sbagliata si può contare sul patto di prova come soluzione. Per il datore di lavoro, infatti, è comunque vietato il recesso per motivi che non sono inerenti alla prova e più generalmente discriminatori.
Molto più complessa la disciplina del licenziamento dopo il patto di prova, quando un’assunzione sbagliata o non più gradita, per essere risolta, richiede più obblighi da parte del datore di lavoro.
Il documento fondamentale per porre fine al rapporto di lavoro è la lettera di licenziamento, che deve essere redatta per iscritto, firmata e consegnata al lavoratore con diverse fattispecie per il giustificato motivo, la giusta causa e così via.
È essenziale che essa sia corretta in tutte le sue parti per evitare future contestazioni; il documento scaricabile da noi proposto è un valido modello di lettera di licenziamento. Un avvocato, in ogni caso, può fornire delucidazoni ulteriori.